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Com'erano eleganti le bolognesi del '500

di Giancarlo Roversi

Cesare Vecellio, figlio di un cugino paterno del grande Tiziano, nel 1590 dette alle stampe a Venezia, presso Damian Zenaro, il volume De gli habiti antichi et moderni di diverse parti del mondo poi riedito nel 1598 dal tipografo Giovanni Bernardo Sessa, che con le sue 500 tavole intagliate in legno dallo xilografo tedesco Christoph Chrieger, offre un'ampia panoramica dell'abbigliamento di quattro secoli fa con particolare riferimento all'Italia (221 immagini). Seppur ispirata a finalità squisitamente culturali e di documentazione erudita, l'opera rappresenta lo smagliante campionario della moda maschile e femminile in auge, almeno per quanto riguarda il nostro paese, al culmine della civiltà rinascimentale.
Nato a Pieve di Cadore nel 1521 e spentosi a Venezia ottant'anni più tardi, il Vecellio era stato in gioventù allievo e aiutante dell'insigne parente con cui aveva lavorato in varie parti del Veneto e all'estero, specialmente in Germania, ad Augusta, dove aveva soggiornato nel 1548. La sua espressione pittorica si rivelò tutto sommato abbastanza modesta, non oltrepassando i limiti di un'aurea mediocrità. Dove invece il lontano cugino di Tiziano fece rifulgere tutta la sua abilità fu nell'arte incisoria, grazie anche alla sua inziativa di riprodurre le fogge degli abiti indossati ai suoi tempi, raccogliendone in un fortunato libro, ricercato da bibliofili e collezionisti e più volte ristampato, che gli ha garantito una fama perenne. Né va dimenticata un'altra sua opera, la Corona delle nobili e virtuose dame, uscita nel 1591, che costituisce uno dei più completi e preziosi trattati sui merletti e ricami del passato ed è arricchita di splendide illustrazioni.
Zitella nobile bolognese Alla moda femminile in voga a Bologna alla fine del '500 l'artista cadorino dedica tre accattivanti immagini, ognuna accompagnata da un meticoloso commento: quelle che ritraggono gli abiti delle donne aristocratiche, delle "citelle nobili" (cioè delle ragazze di estrazione patrizia) e delle "concubine", vale a dire le prostitute. Dopo avere premesso che Bologna era "ripiena di magnifici templi, d'ampli palazzi, di bellissime strade, di securi portici e logge e abbondante di grano, vino carnaggi, onti e latticini d'ogni sorte per cui è detta la grassa", il Vecellio passa a descrivere l'abbigliamento muliebre, iniziando dalle "cittelle" o zitelle, ossia le giovani in età da marito appartenenti a nobili famiglie. Stiamo a sentire:
"Le cittelle quando vanno alle divotioni vanno piene di honestà e vaghezza. Si fanno alcuni riccetti a torno alla fronte e poi se li cuoprono con alcuni veli lunghi fino a terra, di seta, li quali si stendono anchora sopra il viso, coprendolo con bella maniera. Portano alcune vesti di seta, per la maggior parte bianche con fregi di seta diversa, con liste lavorate a tomo di essa in piedi. Usano pianelle non troppo alte e si tengono esso velo stretto con le mani nel petto e alla cintura. Non si lasciano vedere quasi mai alla fenestra o alle porte di casa, ma stanno quasi sempre rinchiuse dentro di casa a lavorare".
Un ritratto - questo delineato dal Vecellio - che va oltre lo stretto ambito del modo di vestire delle giovani nubili di lignaggio aristocratico e che ci fa calare nel costume e nel clima sociale ed etico di un tempo.
Donna nobile bolognese Altrettanto interessante e pregnante è l'immagine che viene tratteggiata nella descrizione della "donna bolognese nobile di condizione", raffigurata pomposamente agghindata. Eccone la dettagliata fisionomia:
"Le gentildonne bolognesi sono gratiose e ben costumate e portano l'acconciatura di testa a guisa delle milanesi perché si fanno i ricci a torno della fronte, la quale ornano con una perla grossa con una punta di un velo di seta bianca fatto a rete, il qual velo appuntano anchora in mezo la testa sopra le trecce con bel modo, che gli lasciano fare alcune pieghe di bella vista, poi se lo lasciano cadere giù per le spalle gratiosissimamente. Portano al collo lattughe di grandezza di quattro dita e benissimo lavorate. Usano di sopra alcune vesti accollate e lunghe fino in terra di seta nera, fatta ad opera con meraviglioso artificio o lavoro, con busti alti allacciati ai fianchi con punte tirate di bellissima vista. Di sotto portano una sottoveste a falde di seta bianca con bell'opere. Hanno ornati i petti con bellissimi gioielli di gran prezzo, i quali pendono attaccati ad alcune collane d'oro massiccio; al collo usano portar perle e per cinta hanno catene d'oro. Le loro maniche sono bianche, ma le portano legate con alcune cordelline d'oro tessute con perle. Sopra portano un manto di buratto di seta o di ferandina all'usanza di Lombardia. E tal habito è stato visto da me in Venetia e poi disegnato e finalmente intagliato da Christoforo Guerra tedescho da Norimbergo, eccellentissimo intagliatore in legno".
Oltre a conoscere di persona una gentildonna bolognese ospite della Laguna, il bravo Vecellio doveva aver avuto contatto anche con un'altra non meno rappresentativa figlia della città di S. Petronio: una donna di piacere. La cosa non deve certamente stupire data la fama universale delle meretrici bolognesi, la cui collaudata e apprezzata attività era attentamente disciplinata, con interventi più o meno repressivi, dai bandi pubblici. Oppure il Vecellio poteva avere avuto notizia del loro abbigliamento e delle loro abitudini da qualche amico che le aveva frequentate di persona.
Cortigiana bolognese E' comunque abbastanza sintomatico che, mentre per altre città italiane vengono riprodotti solamente gli abiti di ragazze e donne nobili o almeno appartenenti ai ceti agiati, ma anche di contadine e popolane, per Bologna - come pure per Venezia e Roma - viene immortalato anche il vestito delle "cortigiane o concubine", segno evidente della rilevanza e della notorietà del loro antico lavoro. La maniera che esse usavano nell'abbigliarsi non aveva quasi nulla da invidiare a quella delle nobildonne, segno di una invidiabile posizione economica raggiunta nella scala sociale (ovviamente il discorso non va inteso in senso generalizzato). Ma diamo ancora la parola al Vecellio:
"Le cortigiane bolognesi per di più vanno vestite di raso bianco, con vesti lunghe fino a terra e strascico lungo un braccio; le quali vesti hanno le maniche aperte giù per il braccio, ma poi legate con certi cordoni di seta e bottonate vicino alle mani con alquanti bottoni di oro, de' quali serrano anchora la veste avanti la pancia. Portano sopra la testa un pezzo d'ormesino nero, il quale appuntano ne' capelli della fronte, che gli fanno fare una bella punta, poi l'allacciano avanti del petto con un bottone d'oro et essendo tutto frangiato di oro cuopre la testa, il petto e le spalle. Portano orecchini d'oro con qualche perletta e a torno la fronte si fanno i ricci con i capelli assai politamente".

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