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Bologna Alma Mater Sartorum

di Giancarlo Roversi

Lo sapevate che un secolo fa i sarti bolognesi erano in grado di confezionare in giornata un abito su misura e di taglio impeccabile tale da soddisfare i patiti dell'eleganza? Sì, perché molti turisti (allora si chiamavano semplicemente "viaggiatori"), richiamati dalla loro fama e dalla loro abilità sposata a un innato buongusto, approfittavano di una sosta del treno nel capoluogo emiliano per farsi preparare - in uno dei tanti rinomati atelier petroniani - un vestito nuovo fiammante in poche ore, giusto il tempo di godersi un succulento pasto al ristorante e di dare un'occhiata ai monumenti della città. E poi via di filata alla volta della stazione per salire su una delle tante vaporiere dirette verso ogni parte d'Italia. E tutto questo grazie alla posizione strategica di Bologna e, soprattutto, alla raffinatezza e al senso del bello che i suoi stilisti hanno sempre posseduto.
Annuncio della sartoria Giuseppe Rosa, 1905 Ma facciamo un passo indietro. L'arte della sartoria felsinea ha saputo produrre in ogni tempo creazioni di straordinaria distinzione e di grande pregio, come testimoniano gli eleganti indumenti indossati da gentiluomini e nobildonne raffigurati nei dipinti dei secoli passati.

Sotto le Due Torri la Societas sartorum, ossia la corporazione dei sarti, è presente come organizzazione di categoria fin dalla metà del '200, epoca a cui risalgono i suoi primi statuti. L'originaria residenza della compagnia si trovava accanto a Piazza Maggiore dove rimase fino al 1382 quando venne trasferita nel "Mercato di Mezzo", l'attuale Via Rizzoli.
Presso le botteghe degli antichi maestri di taglio petroniani si vestirono generazioni e generazioni di studenti forestieri, affluiti a Bologna per frequentare la sua celebre Università, i quali contribuirono poi a diffondere in tutta l'Europa la notorietà della haute couture bolognese. Questa risonanza è rimasta inalterata attraverso i secoli come confermano numerosi viaggiatori stranieri, ospiti di Bologna fra il '600 e l'800, che non poterono fare a meno di sottolineare la ricercatezza dell'abbigliamento delle classi nobili e borghesi.
Nel secolo scorso, con l'entrata in scena delle strade ferrate che esaltarono il ruolo nodale di Bologna nelle comunicazioni italiane, la città divenne meta dei pellegrinaggi dei più esigenti buongustai in fatto di moda. Così l'arte sartoriale bolognese poté vivere, a cavallo del secolo, uno dei momenti più fulgidi della sua gloriosa storia. Lo confermano vari annunci pubblicitari apparsi sulla stampa dell'epoca.

In Via Indipendenza n. 1, sul Canton dei fiori, aveva la sua bottega di sartoria Vito Sala che confezionava abiti su misura per i più bei nomi della città e godeva "fama d'artista". Fornito di stoffe unicamente estere, era in grado di offrire "tutto quanto esige la perfezione del lavoro e di soddisfare qualsivoglia esigenza dell'arte".
Un altro protagonista dell'alta moda su misura era Giovanni Battista Fabris che aveva il suo magazzino di abbigliamento sotto il Portico della Gabella, accanto al grande Albergo Italia (oggi banco di Roma). Per la stagione invernale 1881-82 il Fabris avverte il "colto pubblico" di disporre di un assortimento di vestiario e stoffe delle più accreditate fabbriche nazionali ed estere e garantisce l'assolvimento di qualunque commissione in 12-18 ore con "eccezionalità di prezzi in ogni articolo da rendere impossibile qualsiasi concorrenza".
A volte lo stesso Fabris affidava i suoi messaggi al giornale umoristico Ehi! Ch'al scusa... e allora la réclame si ravviva. Eccone un esempio: "Fabbrica di vestiti a vapore per tutte le età, da un bambino di un mese a un vecchio di cento anni. In sei ore (!) si veste un uomo fosse pur grande come il Nettuno di Piazza... colla differenza che lo si fa bello ed elegante, cose che la natura non si prende troppo spesso la briga di fare.

Annuncio della sartoria Giuseppe Rosa, 1907 Nel cuore di Bologna, sotto il grande portico all'inizio di Via Ugo Bassi, si trovava la sartoria di Filippo Vignoli, fondata nel 1858. "Questi magazzini - riferisce con toni trionfanti una guida cittadina del 1892 sono certamente fra i primi d'Italia e sono assortiti di stoffe provenienti direttamente da case produttrici estere e nazionali".
Il Vignoli, oltre a confezionare capi con tessuti del suo campionario o forniti dal cliente, aveva anche un ricco assortimento di "abiti da uomo già fatti, di coperte da viaggio, di maglierie igieniche" e accoglieva "ordinazioni di vestiari da eseguirsi nel minor tempo possibile: è quindi utilissimo pei signori viaggiatori e forestieri".
Quest'ultimo ragguaglio, ripetuto in annunci reclamistici di altre sartorie cittadine, non fa che ribadire la fama dei sarti bolognesi e la loro forza di richiamo su clienti di altre regioni italiane che approfittavano, come si è detto, di una sosta sotto le Due Torri per farsi confezionare un bel vestito di fattura impeccabile e all'ultima moda.
"Grandioso stabilimento di sartoria per uomo e per ragazzi fondato nel 1868": così Luigi Pitani definisce il suo negozio al n. 7 della scomparsa via Spaderie. Grazie ai prezzi modici e alla buona fattura gli affari vanno a gonfie vele e, attorno al 1890, Pitani si trasferisce in un negozio più vasto sotto il portico dell'Archiginnasio all'angolo con Via Farini, dove oggi si trova il bar Zanarini.

Le grandi vetrine attirano l'attenzione dei bolognesi e dei forestieri.
Pitani, che ha un magazzino anche a Firenze, ha alle sue dipendenze "abili tagliatori" e pubblica ogni trimestre centomila cataloghi distribuiti gratuitamente.
In un'inserzione di fine secolo Achille Canevari, proprietario del Salon Mode di Piazza del Nettuno n. 2, avverte che "l'inatteso aumento delle commissioni" l'ha costretto a ingrandire il suo laboratorio onde potere sempre corrispondere a tutte le esigenze e al completo soddisfacimento dell'ormai numerosissima clientela".
La fattura degli abiti varia da 10 a 20 lire; un vestito in "tela Africa" costa soltanto lire 9,75. Brevissimi i tempi di esecuzione.
Non meno famosa e non meno agguerrita, sotto il profilo pubblicitario, è la sartoria di Carlo Ambrosi, al n. 34 di Via Rizzoli, che nell'inverno 1900-1901 annuncia di essersi rifornita delle più recenti novità in fatto di stoffe inglesi con uno "speciale e ricco assortimento in tessuti veri impermeabili". I tagliatori e i lavoranti sono di prim'ordine e i prezzi, manco a dirlo, sono "mitissimi" e la "concorrenza impossibile".

Uno dei più accreditati punti di riferimento per i "palati" esigenti era il "grandioso stabilimento di sartoria per uomo e per ragazzi" Alla città di Bologna sotto il portico del Pavaglione.
La sua attività era iniziata nel 1868 e, grazie alla raffinatezza e all'accuratezza delle confezioni, era stata coronata da due prestigiosi riconoscimenti all'Esposizione di Vienna del 1873 e a quella di Parigi del 1878. "Il programma di questa ditta - avverte un'inserzione del 1884 - è quello di facilitare bensì i prezzi dei suoi prodotti, ma di rendere nello stesso tempo pienamente soddisfatto il cliente, poiché senza di ciò il mercato è illusorio": parole sagge, non c'è che dire.

La sartoria, che fu una delle prime a dotarsi della "novità" del servizio telefonico, era in grado di eseguire qualunque capo di vestiario in sole otto ore (!). Il suo successo è attestato dalla sua espansione in altre città italiane: nel 1901 possedeva infatti negozi anche a Firenze, Livorno e Genova.
Annuncio della scuola di taglio Umberto Musa Anche la Società cooperative riunite di Milano alla fine dell'800 era presente a Bologna con un grandioso laboratorio di sartoria maschile presso Palazzo Fava in Via Manzoni 4-6. "Chi ha bisogno di far confezionare vestiti di ogni foggia o taglio si legge in un annuncio - si affretti a portare stoffa e fodere e, qualunque sia il prezzo scelto per la confezione, sarà servito con eleganza ed accuratezza non variando il taglio poiché si impiegano tagliatori e lavoranti di prim'ordine senz'aumento di spese". L'orario di apertura era quanto mai ampio: dalle 8 alle 20 nei giorni feriali e dalle 8 alle 15 in quelli festivi. I prezzi andavano dalle 5 lire, per un abito di qualità mediocre, alle 12 lire per quelli di qualità "extra fina".
Una "lavorazione garantita a prezzi mitissimi" era assicurata dalla Sartoria inglese Giuseppe Valli, già in Via Clavature e, dal 1888, sotto le logge del Pavaglione.

Chiudiamo questa rievocazione con il ricordo di uno dei sarti certamente più famosi della Bologna della Belle époque, Giuseppe Rosa, che aveva il suo laboratorio in Via Farini 13 fornitissimo dei più raffinati tessuti d'Oltremanica.
Il Rosa era anche insegnante di taglio nella Scuola professionale femminile "Regina Margherita" (poi Elisabetta Sirani). A lui si deve pure una pubblicazione, uscita nell'anno 1900, contenente le Regole per tutte le misure necessarie a tagliare un abito che faceva seguito a una precedente opera intitolata Metodo di taglio per signora.
Da ricordare è anche un altro maestro dell'arte vestiario il prof. Antonio Umberto Musa che gestiva una scuola di taglio in Via Giuseppe Petroni 1. Il corso completo "per la modellazione di qualunque abito modernissimo per borghese, prete e militare" costava 100 lire che salivano a 150 per quello per signora.
Il Musa, che era pure autore di metodi teorico-pratici premiati all'Esposizione internazionale delle Industrie moderne a Parigi nel 1911, assicurava il taglio di qualsiasi modello per lire 1,25 ed era in grado di fornire modelli su misura ai sarti che lo richiedevano.
Gli insegnamenti di questi due valenti stilisti forgiarono molte generazioni di abili sarte e sarti bolognesi che dettero lustro alla città.

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