Home Page La seta a Bologna Links  
Il negozio Che cosa c'è di nuovo Come trovarci Indice argomenti

La tessitura delle stoffe di seta a Bologna nei secoli XVI-XIX

di Lorella Grossi

Nobilis Matrona Bononiensis, acquaforte Nel secolo XVI la città di Bologna aveva più di 60.000 abitanti e un'alta percentuale di questi viveva dell'industria della seta. Gran parte delle attività erano disperse nelle case e nelle botteghe, solo l'operazione di torcitura della seta era concentrata in opifici detti filatogli, dove una macchina eseguiva gran parte del lavoro. Il filatoglio o mulino da seta torceva sostanzialmente due tipi di filato: il filato per veli e l'orsoglio o organzino utilizzato per gli orditi delle stoffe di seta. L'industria della seta a Bologna si divideva infatti in due grosse banche: l'opera bianca e l'opera tinta. L'opera bianca comprendeva tutte le attività finalizzate alla produzione dei veli, mentre l'opera tinta era specializzata nella produzione delle stoffe di seta (rasi, taffettà, damaschi, velluti).

L'opera tinta
Le drapperie di seta erano fabbricate con seta forestiera importata dal Venetò, dai Ducati Emiliani, dalle Romagne e dalle Marche. Questa seta giungeva sul mercato bolognese in matassa, cioè dopo aver subito l'operazione della trattatura. La seta importata veniva poi lavorata nei mulini detti alla bolognese e opportunamente ritorta. Gran parte del filato così prodotto veniva esportato e impiegato come ordito nelle manifattuture italiane e straniere. La restante parte veniva trattenuta in città e impiegata nella produzione delle drapperie.

L'Arte dei Tessitori di Seta Cotta
Nel 1582 viene approvata e riconosciuta dal Senato bolognese l'Arte dei Tessitori di Seta Cotta della città di Bologna. Dapprima questo mestiere veniva esercitato nell'ambito della grande Arte della Seta, dalla quale dipendevano tutte le attività connesse alla lavorazione di questo filato. L'Arte della Seta era costituita dai mercanti di seta che, grazie alle prerogative riconosciute loro dal Senato, detenevano il potere economico dell'intero settore produttivo connesso al commercio e alla lavorazione della seta in città. Sulla base della peculiarità della materia lavorata, la seta cotta, i tessitori rivendicano già dal '400 l'autonomia dell'Arte della Seta.

Bando, e provisione sopra l'arte della seta, 1609 Giurisdizione dell'Arte
L'Arte dei Tessitori di Seta Cotta aveva essenzialmente compiti di controllo sugli strumenti di produzione, sui manufatti e sulle maestranze impegnate nella lavorazione delle drapperie di seta. Il controllo sui telai veniva esercitato in modo particolare sulle transazioni, evitando l'uscita degli strumenti di produzione dalla città. Visite periodiche ai tessitori consentivano poi di registrare la distribuzione dei telai nelle diverse unità produttive.
Il controllo dei manufatti era condotto sul filato e sul prodotto finito. La materia prima lavorata doveva essere esclusivamente seta tinta, con l'aggiunta di oro e argento per i broccati. Riguardo ai manufatti l'Arte veniva interpellata talora i committenti di certi tessuti non si ritenessero soddisfatti; in tal caso l'Arte decideva sulla controversia tra cliente e tessitore.
Uno strumento di controllo sulla professionalità dei tessitori è, a partire dal 1710, la prova di maestranza: una sorta di esame orale e pratico sopra l'esercizio del mestiere di tessitore, che consentiva di regolare l'accesso alla professione. Le norme del 1734, relative ai mestieri svolti in città, obbligano inoltre i tessitori che lavoravano a domicilio ad apporre alle proprie porte un cartello con la denominazione dell'attività condotta.

Organizzazione del lavoro

La tessitura delle stoffe di seta avveniva nei secoli XVI e XVII prevalentemente in botteghe, nelle quali erano attivi maestri con i loro apprendisti e garzoni, spesso coadiuvati dal lavoro dei famigliari. Particolari agevolazioni per l'esercizio del mestiere erano previste per i figli di maestri e per coloro che maritavano una figlia di maestro povero.
Nel corso del'700 si registra un progressivo aumento della manodopera femminile e la conseguente trasformazione dell'assetto organizzativo del lavoro: dalla concentrazione nelle botteghe si passa al lavoro a domicilio diffuso nelle case. Il tramandarsi della professione nell'ambito famigliare, con sgravi economici alle vedove e alle orfane, e il riconoscimento della maestranza femminile favorirà questo mutamento. L'entrata numerosa delle donne e il calo delle maestranze maschili sono probabilmente dovuti a condizioni di minore remunerabilità della professione e ad una dequalificazione del settore, che lavora ormai esclusivamente tessuti lisci. L'industria bolognese delle stoffe di seta non riesce infatti a tenere il passo con i tessuti alla moda di Lione e neppure a produrre manufatti specifici di alta qualità. Due censimenti condotti dall'Arte a distanza di oltre un secolo consentono di verificare il progressivo calo di maestranze e di produzione: nel 1610 i tessitori sono 278 e i telai 464, nel 1726 i tessitori sono 143 e i telai 345. Uno studio approfondito delle fonti ha consentito di conoscere la configurazione delle unità produttive, la loro dislocazione in città, la distribuzione dei telai, il tipo di produzione, i modi di trasmissione della professione nell'ambito famigliare.

La crisi dell'industria serica bolognese
Il calo della manodopera e della conseguente produzione deve essere rapportato alla complessa realtà di crisi economica e sociale che Bologna attraversa nel '700. Questa grave crisi, che culminerà nel superamento del sistema corporativo, colpisce in modo particolare il settore di punta dell'industria urbana, quello della seta. Dopo la soppressione dell'Arte, che avviene nel 1797, pochi sono i dati relativi alla lavorazione delle stoffe di seta in città. Dell'Arte dei Tessitori di Seta Cotta le vicende e il caso hanno tuttavia preservato l'intero archivio, un ricco patrimonio di documenti che ha consentito di ricostruire la storia di una corporazione di mestiere fortemente radicata nell'economia bolognese dei secoli scorsi.

Vai all'articolo precedente